martedì 29 dicembre 2009

AUTOSTRADE DI CONSIGLIERI




Il caso Nel Nord Est proliferano gli amministratori della rete viaria. Per 7.000 chilometri ce ne sono 68. Un esempio negativo della spartizione delle poltrone.


Che pacchia nel Nord-Est. Per 7.000 chilometri di autostrade ci sono 68 consiglieri di amministrazione: una media di 10 chilometri a testa.
La pacchia dura oramai da anni, fiumi di danaro scorrono a vantaggio di amministratori quasi sempre designati in base non a competenze tecniche ma a spartizioni tra gruppi e gruppetti del centrodestra.
Nessuna voglia, men che mai alcun interesse, a ridimensionare questi carrozzoni. Certo, non c'è uniformità. Qualche primato non si nega: nella società che gestisce la Brescia- Padova non ci sono solo 9 consiglieri, ma un collegio sindacale di 7 tra effettivi e supplenti, che manco la Banca d'Italia. E qualche bulimia è bellamente consentita senza che alcuno se ne stupisca: così il record di affollamento di consiglieri per chilometro è saldamente in mano alla Società per azioni Venezia-Padova: in 15 per gestire 23 chilometri di autostrada.
Come dire: poco più di un chilometro e mezzo a testa. Insomma, meno c'è da amministrare e più sono i consiglieri delegati a gestire.
Ma c'è di più e di peggio: nella società che gestisce l'Autobrennero c'è un mega-consiglio d'amministrazione: 24 più il presidente, più i classici 5 sindaci. E questa struttura è considerata ottimale, corretta, rispetto alla precedente, quando non solo i consiglieri erano 29 ma il presidente si era circondato di ben quattro vicepresidenti. Ancora?
L'aveva rivelata, un paio d'anni addietro, una indignata inchiesta del Gazzettino del Nord Est. La Spa che gestisce la Brescia- Padova, pur avendo come soci enti pubblici e società a capitale altrettanto pubblico, vanta partecipazioni in società estere residenti in paradisi fiscali. Come si concilia con il principio di trasparenza della gestione di una impresa pubblica? Non è in contrasto, codesta Spa, con la propria natura di concessionario di un servizio pubblico come quello autostradale, che peraltro si svolge unicamente sul territorio nazionale?
Lo aveva chiesto, allora, un deputato della (ex) Udeur, lo stesso che aveva chiesto lumi sugli spropositati emolumenti pagati agli amministratori dalla Serenissima Spa, società-madre della Brescia-Padova: nessuna risposta dal governo e dal ministro dei Lavori pubblici dell'epoca, Antonio Di Pietro.
Perché un ritratto, pur parziale, dell'allegra gestione autostradale di un solo angolo d'Italia? Perché è un esempio illuminante del mare magnum degli incarichi pubblici, della spartizione del potere ai livelli medio-bassi.
Un'osservazione ai Brunetta (Pubblica amministrazione), ai Matteoli (Infrastrutture e Trasporti), ai Calderoli (Semplificazione normativa): giusto sfoltire i consigli degli enti territoriali, purché siano tutelati i diritti di tutte le minoranze. Ma perché non liberarci di un esercito di peones sistemati nei Cda delle società a capitale pubblico, a partire dalla mangiatoia delle imprese pubbliche che gestiscono - non solo nel Nord Est - le autostrade?

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