giovedì 22 ottobre 2009

IL SISTEMA CHIUSO DEL PROJECT FINANCING IN VENETO


Un interessante articolo tratto da Carta Est Nord

La decisione degli assessori Donazzan e Giorgetti di astenersi sulla proposta di project financing per la realizzazione della superstrada a pagamento della Valsugana, nella Giunta Regionale di martedì 4 agosto 2009, può costituire una buona occasione per una riflessione generale che da tempo richiediamo alla politica regionale.



L’accusa, nemmeno tanto velata, riportata dalla stampa regionale, è: lavorano sempre i soliti.

Sarebbe cosa utile per tutta l’opinione pubblica veneta e italiana stampare l’elenco delle principali commesse pubbliche, o di società a partecipazione pubblica, realizzate negli ultimi quindici anni in Regione per valutare in maniera obiettiva la situazione.

Lavorano sempre i soliti perché il sistema è chiuso ed è un sistema oliato e perfetto nelle sue dinamiche finanziarie, economiche e sociali.

Le “solite”grandi imprese regionali sono in condizione di proporre e realizzare grandi opere infrastrutturali grazie a buoni rapporti con i decisori politici e una adeguata disponibilità di finanziamenti bancari.

Alla fine un sistema chiuso di comportamenti economici e sociali.



Il vizio di questo sistema sta a monte e qualora si decida di modificarlo bisogna invertire i fattori della decisione politica.

In questi anni moltissime decisioni sulle infrastrutture sono state discusse, proposte e assunte nei piani alti delle società di costruzioni, avvallate dalle associazioni di rappresentanza delle aziende, avanzate attraverso una martellante campagna mediatica, infine fatte proprie dal potere politico.

Le aziende fanno il loro interesse e mestiere. Nessuno dotato di senno può chiedere loro di votare per fare altro rispetto alla ragione economica e sociale che è costruire infrastrutture.



Bisogna riportare al centro del dibattito regionale, con lealtà e coraggio, le seguenti priorità:



La programmazione regionale. In questi anni la programmazione regionale è sparita. Il piano regionale dei trasporti è fermo al 1990. Nel contempo, nell’attesa del nuovo PTRC, si sono progettati, in particolare modo da parte delle società autostradali, numerose strade a pagamento con l’utilizzo della finanza di progetto. Sarebbe indispensabile che il Consiglio Regionale affronti questa questione in modo chiaro e trasparente, definisca le priorità infrastrutturali, la pianificazione territoriale in accordo con le amministrazioni locali regionali e le parti sociali, selezioni i bisogni reali, indichi bandi per l’aggiudicazione di opere da realizzare con finanza di progetto.

Alla fine sarebbe indispensabile che fosse la Regione a fissare l’agenda dei lavori e non le società di costruzione, come è capitato per gli ospedali e le strade.



Il pagamento dell’opera. L’uso dello strumento della finanza di progetto andrebbe utilizzato in modo selettivo da parte della Regione per evitare che si attacchi il principio della lealtà fiscale del cittadino verso la sussidiarietà statale. Il cittadino paga le tasse e in cambio ha il diritto di ricevere servizi adeguati e dignitosi secondo il livello di contribuzione versato. In Veneto le cose stanno così: le rimesse statali sono scarse; il federalismo è cosa vuota; la disparità di trattamento con altre Regioni italiane è evidente; le nuove opere stradali sono ormai tutte realizzate in finanza di progetto. Alla fine il cittadino paga le tasse previste e raddoppia la lauta paga alle società autostradali per consentire i piani di rientro di sostenibilità economica delle opere.



Il rischio d’impresa scaricato sull’utente. Le nuove strade sono pagate dai flussi di traffico veicolare. Tariffe alte come nel caso del Passante di Mestre. Se poi non bastassero le rimesse per la sostenibilità economica dell’opera si aggiustano verso l’alto le tariffe in accordo con la società di gestione, o si creano le condizioni per incrementare la saturazione della strada attraverso la costruzione di nuovi insediamenti economici e sociali lungo l’arteria. Alla fine si dovrebbe, dopo i vent’anni di tariffe alte servite per ripagare l’opera rivedere in riduzione le tariffe del pedaggio. Nemmeno questo: è già pronto un nuovo piano di opere da finanziare perché il business non si interrompa.



Buone opere, non solo grandi opere. Le società interessate hanno sempre nuove grandi opere in cassetto da proporre al sistema. Le grandi opere sono tutte prioritarie ed indispensabili? La contraddizione scoppiata tra Valdastico Nord e Valsugana è il paradigma di questa confusione infrastrutturale.

E’ possibile che alla nostra Regione serva qualche grande opera in meno e al suo posto un migliaio di piccole buone opere che favoriscano invece la competizione e la risoluzione dei tanti punti critici della mobilità di merci e persone.



Separare le funzioni e ridurre le società. Nelle società autostradali sarebbe opportuno porsi il problema della discutibile situazione in cui i controllori dell’interesse pubblico (amministratori locali) svolgono contemporaneamente il compito di gestori. La funzione di indirizzo e controllo andrebbe anche fisicamente separata dalla gestione. Infine sei società autostradali nella tratta più remunerativa d’Italia appaiono un costo, a maggior ragione in tempi di crisi, difficilmente sostenibile per le famiglie e le persone della nostra regione.



La rendita: soldi sottratti all’apparato manifatturiero. Il finanziamento di progetto di grandi opere come le strade a pagamento è un investimento buono e sicuro. Questo spiega l’attuale proliferazione dei progetti di nuove strade a pagamento in tutta la Regione. Possibile che non ci si interroghi adeguatamente sul fatto che da un lato si tratta di risorse finalizzate alla rendita nel mentre in tempi di crisi come quelli attuali si dovrebbero orientare le scarse risorse verso il sostegno alla innovazione e ricerca del sistema produttivo regionale e dall’altro contemporaneamente si riduce la capacità di reddito del cittadino. Il costo del pedaggio autostradale, considerati gli aumenti 2008/2009 sulla tratta

Padova – Venezia alla fine vale per un pendolare il 10% dello stipendio mensile.



Piano generale dei trasporti, non solo strade. Il ritardo infrastrutturale della nostra Regione, rispetto alle altre regioni italiane e europee, è necessario sia colmato. Si tratta di realizzare anche strade ma l’attenzione della politica regionale non può essere unicamente rivolta alle strade a pagamento. Facciamo come le Regioni vicine (Trentino, Alto Adige, Lombardia, Friuli) che stanno investendo in maniera decisa sulla ferrovia ( potenziamento della rete, apertura nuove linee ferroviarie, avvio di società regionali opportunamente finanziate, sostegno logistico al trasporto cargo,deciso sviluppo della intermodalità) e per tale iniziativa rispettano l’ambiente, riducono il consumo di territorio per nuove strade e migliorano le condizioni di vivibilità delle persone.
Diamo corso alle scelte infrastrutturali e gestionali riguardanti ferrovia e porti per offrire un servizio logistico articolato ed equilibrato sulle possibili alternative al solo trasporto su gomma.

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